TFR maturato nei confronti del datore cedente fallito: escluso l’accesso al Fondo di garanzia

Anche quando il fallimento o comunque l’insolvenza del datore di lavoro cedente intervenga dopo che sia cessato il rapporto di lavoro proseguito con il cessionario, l’accesso al Fondo di garanzia va circoscritto al caso in cui sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui il TFR diviene esigibile. Tanto è stato stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 18 novembre 2022, n. 34032.

La Suprema Corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva rigettato la domanda di una lavoratrice volta a conseguire dall’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia ex I. n. 297/1982, l’importo del TFR maturato alle dipendenze della società datrice di lavoro.
Secondo i giudici del gravame, in particolare, il rigetto della pretesa avanzata dalla dipendente discendeva dalla circostanza che la stessa avesse solo tentato di notificare un decreto ingiuntivo corredato di precetto alla società ex datrice di lavoro presso la quale aveva maturato il TFR, senza intraprendere alcuna esecuzione forzata né nei suoi confronti né nei confronti di altra società, che pure era stata affittuaria della relativa azienda e presso la quale ella stessa aveva prestato servizio in forza di autonomo rapporto di lavoro subordinato stipulato alcuni giorni dopo la conclusione del contratto di affitto; pertanto, dovevano ritenersi insussistenti i presupposti per l’intervento del Fondo di garanzia, non essendovi prova che le garanzie patrimoniali dei due datori di lavoro fossero risultate insufficienti.

La dipendente ha proposto ricorso per cassazione avverso tale decisione, deducendo, tra i motivi, che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che la responsabilità solidale dell’impresa affittuaria dell’azienda dell’ex datrice di lavoro valesse comunque ad escludere l’intervento del Fondo di garanzia: secondo la tesi della lavoratrice, al contrario, essendo il TFR un credito a maturazione progressiva, era indubbio l’obbligo dell’ex datrice di lavoro di corrisponderlo per la parte di rapporto svolto alle sue dipendenze, dovendosi ritenere, dunque, ingiustificato il rifiuto dell’INPS di corrisponderlo.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, rilevando che, anche quando il fallimento o comunque l’insolvenza del datore di lavoro cedente intervenga dopo che sia cessato il rapporto di lavoro proseguito con il cessionario, l’intervento del Fondo di garanzia va circoscritto al caso in cui sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui il TFR diviene esigibile; resta, invece, irrilevante e inopponibile all’INPS la stessa circostanza che il credito maturato per TFR fino al momento della cessione dell’azienda sia stato ammesso allo stato passivo nella procedura fallimentare del cedente.
Pertanto, assume rilievo, ai fini dell’intervento del Fondo di garanzia, la previsione che rende l’impresa cedente coobbligata con l’impresa cessionaria per la quota di TFR maturata alle sue dipendenze prima della cessione; ciò che conta è, in particolare, che insolvente o sottoposto a procedura fallimentare sia il datore di lavoro alle cui dipendenze si trova il lavoratore al momento della cessazione del rapporto e della conseguente esigibilità del TFR.
In quest’ultimo caso, infatti, la garanzia del Fondo non è subordinata alla previa escussione di altri condebitori solidali pro quota, viceversa, laddove debba trovare applicazione la tutela prevista nell’ipotesi di trasferimento d’azienda, non può farsi luogo, in caso di insolvenza del datore di lavoro cedente, alla copertura del Fondo di Garanzia, non potendo configurarsi alcuna indebita contaminazione tra le due tutele.

Aziende con certificazione di parità di genere: criteri e modalità di erogazione dell’esonero contributivo

Il Ministero del lavoro definisce criteri e modalità di concessione, a decorrere dal 2022, dell’esonero contributivo in favore delle aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere per il periodo di validità della medesima certificazione (Decreto 20 ottobre 2022).

Le aziende interessate inoltrano, telematicamente, apposita domanda all’Inps secondo i termini e le modalità indicate dall’Istituto con apposite istruzioni. In particolare, la domanda deve contenere: i dati identificativi dell’azienda; la retribuzione media mensile stimata relativa al periodo di validità della certificazione di parità di genere; l’aliquota datoriale media stimata relativa al periodo di validità della certificazione di parità di genere; la forza aziendale media stimata relativa al periodo di validità del certificato parità di genere; la dichiarazione sostitutiva di essere in possesso della certificazione di parità di genere, e di non essere incorsa in provvedimenti di sospensione dei benefici contributivi adottati dall’Ispettorato nazionale del lavoro; il periodo di validità della certificazione di parità di genere.
Le domande sono verificate dall’Inps sulla base delle informazioni suddette e sono ammesse con riferimento all’intero periodo di validità della certificazione di parità di genere. Al fine di favorire il più ampio accesso all’esonero contributivo, qualora le risorse risultino insufficienti in relazione al numero di domande complessivamente ammissibili, il beneficio riconosciuto è proporzionalmente ridotto.
Per la verifica del possesso dei requisiti legittimanti la fruizione dell’esonero, il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri comunica periodicamente all’INPS i dati identificativi delle aziende del settore privato che siano in possesso della certificazione di parità di genere.

L’Istituto autorizza i datori di lavoro alla fruizione dell’esonero nella misura dell’1% dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, fermo restando il limite massimo di 50.000 euro annui e l’eventuale riduzione.
Il beneficio, parametrato su base mensile, è fruito dai datori di lavoro in riduzione dei contributi previdenziali a loro carico e in relazione alle mensilità di validità della certificazione della parità di genere. In caso di revoca della certificazione le imprese interessate sono tenute a darne tempestiva comunicazione all’Inps e al Dipartimento per le pari opportunità.

CCNL Estetica – Conflavoro: sottoscritto l’accordo di rinnovo

CCNL Estetica – Conflavoro: sottoscritto l’accordo di rinnovo

Firmato il rinnovo del CCNL Acconciatura, Estetica, Tricologia non curativa, Tatuaggio, Piercing e Centri benessere del 31 agosto 2020 sottoscritto da CONFLAVORO

A decorrere dall’1/11/2022, le parti hanno reso necessaria la rideterminazione della Tabella Retributiva acclusa al CCNL.

La Tabella retributiva viene così modificata:

Inquadramento retributivo

Minimi dal 1° novembre 2022

Minimi dal 1° febbraio 2023

Primo livello € 1.478,00 € 1.513,00
Secondo livello € 1.351,00 € 1.382,00
Terzo livello € 1.280,00 € 1.311,00
Quarto livello € 1.207,00 € 1.236,00

Al fine di incoraggiare l’occupazione, anche favorendo l’assunzione di risorse umane giovani e con meno esperienza, si è addivenuti alla modifica della disciplina delle retribuzioni ridotte a far data dal 1° novembre 2022. Le Parti convengono che in caso di assunzione di un lavoratore a tempo indeterminato da adibire allo svolgimento di mansioni rientranti nei livelli 1°, 2° e 3°, qualora quest’ultimo abbia un’esperienza professionale pregressa inferiore ai 5 anni nelle attività per le quali viene impiegato, al datore di lavoro è riconosciuta la facoltà di assumere il suddetto lavoratore riconoscendogli, per i primi due anni, le “retribuzioni di primo ingresso”, ridotte rispetto al livello ordinario di inquadramento come di seguito indicato:
-primo anno: 7,5%
-secondo anno: 5%

Proporzione numerica – Contratto a termine
In merito alla Proporzione numerica, a decorerre dal 1/11/2022,  nel contratto a termine, le Parti convengono che il limite numerico entro il quale possono essere stipulati contratti di lavoro a tempo determinato è stabilito nella misura pari al 50% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Resta salva la facoltà di assumere n. 3 lavoratori a termine nelle singole unità produttive con in forza fino a 5 dipendenti assunti a tempo indeterminato e apprendisti. A seguito di accordo sindacale sarà possibile aumentare il limite di cui sopra

Uniemens: correzione anomalie su esonero IVS lavoratori

Ai fini dell’esonero di 0,8 punti percentuali sulla quota dei contributi Ivs a carico dei lavoratori l’Inps procederà d’ufficio alla correzione delle anomalie riscontrate sulle denunce contributive relative ai mesi da gennaio a luglio 2022 (Messaggio 25 novembre 2022, n. 4270)

In relazione all’agevolazione contributiva prevista dalla Legge di Bilancio 2022 riguardante il riconoscimento dell’esonero di 0,8 punti percentuali sulla quota dei contributi Ivs a carico dei lavoratori, in fase di elaborazione delle denunce mensili, l’Istituto ha riscontrato alcune anomalie nella gestione dei DM, Rettifiche e Proposte VIG relative a denunce Uniemens riferite ai mesi da gennaio a luglio 2022.
In particolare, è stata riscontrata l’esposizione degli imponibili riferiti ai codici “L024” e “L026” (nell’elemento “IdentMotivoUtilizzo” di “InfoAggCausaliContrib”) con formati diversi da quelli previsti dalle indicazioni fornite dall’Istituto.
Al fine di evitare, ove possibile, richieste di interventi da parte dei datori di lavoro e/o loro intermediari, l’Inps procederà d’ufficio alla risoluzione del problema, con il ricalcolo dei DM e la rielaborazione automatica delle rettifiche.
Inoltre, con riferimento alla gestione delle note di rettifica per le aziende alle quali è stato attribuito il codice di autorizzazione “4K”, l’Inps ha disposto il blocco:
– della notifica;
– della definizione per passaggio a Recupero crediti e alla Gestione debiti.
Nei casi in cui l’attribuzione del codice di autorizzazione sia stato effettuato e risulti in anagrafica, ma lo stesso non risulti nella Nota di rettifica, l’Inps provvede centralmente alla rielaborazione, allineando le informazioni negli archivi di gestione.
Anche le note di rettifica emesse e notificate ad aziende aventi il codice di autorizzazione “4K” attualmente devono ritenersi attualmente bloccate.

Applicazione illegittima del contributo di solidarietà: decorrenza degli interessi

Gli interessi legali sulle somme trattenute illegittimamente a titolo di contributo di solidarietà dalla Cassa di previdenza decorrono dalla data di ciascun prelievo (Corte di Cassazione, Ordinanza 23 novembre 2022, n. 34543).

È stata confermata dalla Corte di Cassazione la sentenza d’appello che aveva ritenuto legittima la condanna della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti (CNPADC) a pagare ad un professionista in quiescenza le somme trattenute a titolo di contributo di solidarietà sui ratei di pensione maturati dal 2009 al 2013.
I giudici di merito, una volta accertata l’illegittima applicazione del detto contributo, avevano ritenuto, inoltre, che gli interessi legali sulle somme in questione decorressero dalla data di ciascun prelievo.

La Cassa ha proposto ricorso avverso tale sentenza, sostenendo, in primo luogo, che la Corte avesse errato nel negare che la Cassa stessa, nell’ambito della propria autonomia regolamentare, potesse applicare il contributo di solidarietà al fine di perseguire l’equilibrio finanziario di lungo termine.
Secondo la ricorrente, inoltre, i giudici di merito avrebbero dovuto far decorrere gli interessi dalla domanda ex art. 2033 c.c. e non dal pagamento.

La Corte di legittimità ha ritenuto infondato il ricorso, rilevando preliminarmente che l’autonomia regolamentare della Cassa è stabilita nei limiti dell’art. 2 D. Lgs. n. 509/94, ovvero con riguardo a variazioni delle aliquote contributive, riparametrazione dei coefficienti di rendimento e, in ultimo, a ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico. Esula, pertanto, da tale novero qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati che introduca, a prescindere dal criterio di determinazione del trattamento pensionistico, la previsione di una trattenuta a titolo di “contributo di solidarietà” sui trattamenti pensionistici già quantificati ed attribuiti.

I Giudici di legittimità non hanno mancato, altresì, di evidenziare che, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, gli interessi, nei casi come quello di specie, decorrono dalla data di maturazione del diritto, avendo i crediti previdenziali natura unitaria; agli accessori della prestazione previdenziale non si applica, difatti, il regime proprio delle obbligazioni pecuniarie, conseguentemente gli interessi maturati devono essere calcolati dal momento dell’inadempimento al soddisfacimento del credito.