Il finanziamento erogato dalla società consolidata alla propria controllata non può sottrarsi all’applicazione della disciplina fiscale del transfer pricing internazionale (Corte di cassazione – ordinanza 11 novembre 2022 n. 33438).
Il caso si riferisce al trasferimento di denaro oggetto di accertamento destinato ad un investimento da parte della controllata, consistito nell’acquisizione della partecipazione totalitaria di un’altra società estera.
Per i giudici della Corte, il versamento assumeva la veste di un’operazione intercorrente con la società estera controllata e pertanto tale operazione non può sottrarsi all’applicazione della disciplina fiscale del transfer pricing internazionale, secondo la quale i componenti reddituali non devono essere quantificati in base al parametro ordinario del corrispettivo pattuito, bensì secondo il criterio derogatorio del valore normale dei beni ceduti o dei servizi prestati, definito quale prezzo e corrispettivo mediamente praticato per i medesimi beni o servizi ceduti o scambiati nello stesso tempo e luogo.
Su tali basi, il collegio osserva che il valore “normale” della dazione a prestito di una determinata somma di denaro è costituito dall’obbligo di corresponsione degli interessi nella misura corrispondente al tasso di mercato, che, in forza di quanto previsto dall’art. 107, D.P.R. n. 917/1986, si sostituisce alla gratuità dell’operazione pattuita tra società residente e società estera controllata.
Ove, infatti, si escludesse il finanziamento non oneroso dalla sfera di applicazione della regola del “valore normale”, si giungerebbe all’irragionevole conseguenza di consentire all’amministrazione finanziaria l’esercizio del potere di rettifica in caso di operazioni con corrispettivo inferiore a quello di regola applicato, negandolo invece nelle ipotesi, maggiormente elusive, di pattuizione di finanziamento con corrispettivo nullo.